mercoledì 6 febbraio 2008

Problema sociale, non rompipallismo!

Ohhhh, mi sento confortata! Ho le prove, ho il sostegno scientifico di autorevoli pensatori, NON sono solo una scocciante! Signori, cito da Repubblica: "Dirimere un'ambiguità lessicale è un problema per un laureato su cinque. A dir la verità, anche solo comprendere la frase che avete appena letto è un problema per un laureato su cinque. Termini come dirimere, duttile, faceto, proroga si trovano comunemente sui giornali, ma per molti italiani con pergamena appesa al muro sono parole opache". Luca Serianni, linguista all'università di Roma 3, ne fece esperienza diretta un giorno nell'ambulatorio di un dentista cui s'era rivolto per un'urgenza. "Con le mie lastrine in mano chiamò al telefono un collega per avere un parere: "Senti caro, aiutami a diramare un dubbio..."". E il professore sudò freddo: "Un medico che non sa maneggiare le parole è un medico che non legge, quindi non si aggiorna, quindi forse non sa maneggiare neanche un trapano".
E' esattamente quello che volevo dire, saper scrivere bene e comprendere i testi NON è un optional per pochi obsoleti e polverosi studiosi di biblioteca, è una necessità che sta alla base di qualunque professione e/o mestiere, perchè il dubbio che è legittimo venga a chiunque è che se non sai nemmeno la tua lingua, potresti anche nonsaper maneggiare concetti e strumenti complessi della tua professione!!! E in realtà ricordiamo anche quello che disse Marx (Karl non Groucho): "Sapere è potere".
E per saperne appunto di più leggete QUI.
Ma dico, vi rendete conto? "21 laureati su cento non riescono ad andare oltre il livello elementare di decifrazione di una pagina scritta (il bugiardino di un medicinale, le istruzioni di un elettrodomestico). E non sanno produrre un testo minimamente complesso (una relazione, un referto medico, ma anche una banale lettera al capocondominio) che sia comprensibile e corretto."
E ancora: ""La società sprintata", come la chiama il pedagogista Franco Frabboni, preside di Scienze della formazione a Bologna, uno degli autori della riforma universitaria, è arrivata negli atenei. E gli atenei la assecondano: "La trasmissione del sapere universitario è regredita dalla scrittura all'oralità", spiega. Nelle aule della nostra istruzione superiore, il grado di padronanza della lingua italiana non è mai messo alla prova. Persino l'arte dell'argomentazione orale, ponte fra i due universi semantici, è svanita, racconta Frabboni: "Professori sempre più incerti fanno lezione con diapositive, seguendo una traccia fissa. Ai laureandi si lascia esporre la tesi con presentazioni powerpoint."
Il professor Gabriele Pallotti tiene nel cassetto una cartellina di orrori: email, biglietti affissi alle bacheche, "esito profiquo", "le chiedo una prologa", "attendo subitanea risposta". Ma correggere le asinate non è ancora abbastanza. "Saper annotare correttamente parole sulla carta non è saper scrivere" spiega. "Parlare e scrivere sono due diversi modi di pensare. Troppi ragazzi escono dall'università sapendo solo trascrivere la propria oralità, ovvero un flusso continuo di idee non ordinato e difficilmente comunicabile. Cioè restano mentalmente analfabeti. ... Non è una questione di stile: l'analfabetismo laureato può fare danni concreti. Il paziente che legge sulla sua prescrizione medica "una pillola per tre giorni", alla fine del terzo giorno avrà preso tre pillole o una sola? "
CAVOLO, mi sento felice!

5 commenti:

Ph 3/D ha detto...

"Sono fuori traccia"...ma ci terrei a dire che se la Perfezione si rilassera' cucinando la torta pere e cioccolato che e' apparsa sul cavoletto ...io prenoto sin da ora una fetta !!!!!!!!!!!

La perfezione stanca ha detto...

Off topic per off topic, mi tenta, effettivamente mi tenta ...

Ph 3/D ha detto...

ne ero certa...percio' mi sono prenotata..!!

Grimilde ha detto...

Dopo le bacchettate prese dalla Signorina Rottelmeir, sono andata a riguardare la grammatica italiana e forse era questo il suo intento(ancora non sono convinta del tutto degli errori nell'utiizzo del futuro nel passato...ma questa è un'altra storia). Purtroppo però in molte professioni l'italiano è relegato in un angolino e si comunica di più con altri strumenti: numeri, presentazioni o inglese( o meglio inglesismi), con questo non voglio giustificare l'ignoranza ma solo che come sempre ci si adegua all'ambiente circostante, salvo poi divorare libri per cercare di mantenere quel poco che si conosce già.

Andrea B ha detto...

Il problema di base è secondo me la mortificazione della lingua italiana determinata da un lato dalla fruizione massiccia di ciò che viene offerto dalla tv, e dall'altro dai nuovi mezzi di comunicazione che ci spingono a nuovi stili mediamente privi di varietà...

L'università (come istituzione) dà per scontato che i discepoli in ingresso siano in grado di far ben più che leggere e scrivere, per cui il tempo di giocare con la lingua è finito. Purtroppo lo specchio di questa infelice ipotesi sono le performance non entusiasmanti di una lunga serie di docenti che con la lingua italiana hanno un rapporto tormentato... Quando anche loro hanno troppo frequenti dubbi e molti cedimenti, c'è da ripensare qualcosa...

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