domenica 10 luglio 2011

L'epoca delle illusioni: ovvero di FB e delle reti sociali


L'idealismo e le illusioni sono forse tramontate troppo presto nella mia visione. Non ricordo piu' quando è stata l'ultima volta che non ho attribuito alcuna classificazione agli incontri della vita. Quello che intendo è che sono ormai tanti, forse troppi anni, che quando incrocio una persona non mi aspetto che resti in alcun modo a far parte del novero di individui di cui saprei dire qualcosa.

E' brutto? Doloroso? Cinico? Non ne sono molto sicuro. In fondo è solo il realismo un bel po' disincantato che le esperienze contribuiscono inesorabilmente a maturare. Ci si puo' dire che si vorrebbe essere in contatto solo con persone che contino per noi. Teoricamente è una possibilità alta: significherebbe riuscire a dare una collocazione non temporanea, ma permanente all'interno del nostro quadro, anche a incontri che avvengono finendo rapidamente. Ma, a ben guardare, si puo' dare il beneficio della appartenenza alle figure della nostra esistenza, anche a chi ci sbatte contro per un attimo... E' anzi un po' troppo categorico per un carattere come il mio, includere nella nostra rete prossima o remota, reale o virtuale, solo chi pensiamo sia parte della nostra esistenza.

Quello che mi lascia perplesso è il pensiero che si possa fondare la nostra vita di relazione solo sul quel novero di individui con cui riteniamo (senza una prova tangibile) di aver interagito a un livello superiore a quello della stretta di mano... E tutto nasce dalla domanda: chi accettare nei nostri social network? Non c'è una risposta banale a questa domanda. Si possono adottare strategie che vanno dalla forma "a tappeto" fino a quelle molto stringenti con un profondo e disciplinato controllo delle connessioni imbastite. Il prolificare senza controllo dei nodi ha come contropartita l'entrata in contatto con personaggi di cui poi vorremmo ardentemente fare a meno. Disfarci di loro risulta a volte molto piu' difficile di quanto si ipotizzi. D'altro canto, essere fortemente selettivi, riduce l'opportunità di esperienze piacevoli, di scambi anche sorprendenti. Non è neanche detto che porti solo sicurezza: si puo' essere fortemente disillusi anche da chi riteniamo di tenere nelle nostre vicinanze.

Le reti sociali sono una inquietante astrazione su larga scala della nostra vita. Come tali, esiste anche per esse la terza via. Quella grigia, in cui ci si mette un po' a rischio, ma definendo i contorni delle nostre scelte caso per caso. Tuttavia, esse rispecchiano il nostro modo di essere e sono solo uno strumento piu' o meno efficace, per interfacciarci con il mondo. Dietro FB e le consorelle, ci sono persone, milioni di persone. L'anonimato, privilegio antico della rete, è in netto declino in questo tipo di sistemi. Se da un lato questo è inquietante per la mole di informazioni che possono essere distribuite con un controllo poco efficace, è anche vero che il chi e il come risultano piu' trasparenti, e questo non è necessariamente un male... Se oggi guardo la lista delle connessioni di Faccialibro, ci sono tutte persone che in qualche modo ho incrociato e con cui scambierei una chiacchiera per la strada. Il criterio di scelta di esse, non è stato uniforme, ma valido. Non mi illudo che tutte queste persone abbiano un significato profondo per me, come che io lo abbia per loro. Purtuttavia, come accennato in precedenza, mi piace dare la chance di essere sorprendentemente significative a persone semplicemente viste una volta. Cio' che ho imparato in questi anni di vita, ormai un bel po' di giorni, è che ogni cosa fatta, ogni parola detta, ogni istante in cui si è esercitata una delle nostre facoltà cognitive, ci potrebbe servire. E quando uso questo verbo, cosi' ipocritamente aborrito dai santi e martiri che vivono la vita di relazione come pura sublimazione di sentimenti del candore del giglio, intendo che ci permetterà di essere migliori, imparando dai nostri errori. Che ci permetterà di divertirci di piu', magari raccontando una storia. Che ci permetterà di essere un po' piu' noi...

lunedì 4 luglio 2011

Poetica ingegneristica

Agli uomini e alle donne piacciono le simmetrie. Ciò che al nostro sguardo appare bilanciato e armonioso, ci attrae inevitabilmente. Le proporzioni sono da secoli ben stabilite tanto é vero che le statue dell'antichità ci hanno emozionato e le indichiamo ad esempio...
Se da un lato sono le leggi della fisica a governare il mondo sensibile, é il loro utilizzo ingegneristico a renderle potenti ed evocative. É per questo che l'ingegneria é creatività e molto spesso sfocia in una vera e propria espressione poetica. Lungi dalla fredda e pura analisi numerica, quello che domina é, almeno nella mia esperienza, la zona grigia... Generalmente l'incertezza é un parametro con cui dignitosamente convivere e da saper accettare. I peggiori ingegneri sono quelli che cercano la soluzione esatta di un problema, senza lasciare spazio al fato... La natura "arronzona", aiuta a volte a riconoscere una ragionevole approssimazione. Delle altre provoca disastri, ma é tutto un gioco di sensibilità, a volte rigorose, a volte solo vissute...
Se la matematica, scienza di eleganza assoluta, definisce leggi in qualsiasi campo, la sua poetica viene espressa in un mix alcolico di combinazioni che l'ingegneria può attivamente mettere in moto... E non sono forse ingegneri delle sette note quelli che compongono la musica di tutti i giorni come anche le grandi sinfonie? Anche in questo caso é reperibile un approccio simmetrico.. E la meraviglia é che non c'é neanche bisogno di studiare per riconoscere le cose belle. Si sentono e basta. Da questo punto di vista, le interpretazioni complicate della matematica di oggi hanno uno speculare nell'arte moderna.. L'astrazione profonda risulta parallelamente irraggiungibile con una semplice occhiata... A tal proposito é stata una bella esperienza la visita ad Art Basel, una fiera dell'arte moderna dove tutte le maggiori gallerie del mondo espongono la loro collezione di pezzi pregiati da vendere. Se ci ripenso, a parte le donne bellissime che vi circolavano, mi é rimasta una sensazione di stupore imperfetto di fronte ad opere cui non riuscivo a dare un senso e dove l'autore aveva perseguito qualche scopo non certo armonioso. Piuttosto sfuggente il loro messaggio se non spiegato da nessuno. E molto spesso anche impregnato di un virtuosismo compiaciuto di cui non sono un gran fan...
Ma nel complesso, ciò che mi piace dire con questo post é che, come in tutte le classi, ci sono persone capaci di creare e altre che eccellono nell'applicare... Senza generalizzare troppo, sta sempre a noi riconoscerci nell'una o nell'altra cosa, alla ricerca della nostra simmetria...

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