martedì 6 novembre 2012

Storie fredde come il ghiaccio... Dal finestrino tutto scorre...

Mi è capitato ieri sera di vedere un piccolo spezzone di "Che Tempo che Fa del lunedì". Molti potrebbero volermene, ma devo ammettere che ormai da un po' non guardo piu' con piacere le trasmissioni di Fabio Fazio. Troppo piacione e accomodante lui. Troppo morbido e troppo ammiccante con tutto e tutti, mi mette a disagio. Si', perchè io non sono e non credo potro' in futuro essere purtroppo, cosi' politicamente corretto. Ho delle posizioni anche sgradevoli, e soprattutto posso avere delle opinioni e manifestarle con vigore. Questo non significa passare il confine del rispetto e del buon gusto, ma significa non accomodare ogni ragionamento all'interlocutore. E' un difetto in realtà, perchè gli altri amano vedere in te un cuscinetto, ma e' anche una scelta di rispetto per se stessi e per l'intelligenza propria e altrui...

Purtuttavia la televisione di Fazio non è certo la peggiore che si possa vedere sui canali italiani. Anzi, probabilmente è una televisione piacevole e a volte interessante. A volte anche dura. Mi è rimasto in questo scorcio un racconto di Massimo Gramellini su un professore suicida nell'Italia del precario precariato. Dove tutto pendola in un bilico assurdo tra l'incertezza e l'impotenza di non poter decidere nulla. Una persona per bene, ad un certo punto vede il nero artiglio dell'impossibilità chiudersi intorno alla sua gola e si lascia andare via. Si lascia scomparire. Gramellini si scusa per un attimo di aver "guastato l'atmosfera". Io penso che forse l'Italia abbia piu' bisogno di questa atmosfera per rialzare la testa e dire di no. Dire semplicemente che non tutto il gelo che c'è intorno a una situazione dolorosa e impossibile lo si puo' lasciare fuori dal finestrino del treno e continuare il proprio viaggio. Che è necessario aprirlo quel finestrino e farsi investire dal freddo fino alle lacrime per poi ritrovare il calore che viene da dentro che ci dia la forza di guardare oltre.

Dalla disperazione di uno, si potrebbe iniziare a parlare della ribellione di tanti. Perchè non tutto finisca in una ridicola barzelletta politica o satirica. Perchè una rabbia sana permetta di produrre delle idee e descriva delle esigenze da colmare. Quelli che sono li' a dirigere, dovrebbero cosi' imparare al di là delle truffe e delle rapine, che la vita reale insegna e pone i problemi che loro devono essere capaci di risolvere. Se non sanno come, chiedano aiuto a qualcuno, coordinino, non facciano finta di nulla. Ma si concentrino a fare quello che serve e non quello che ritengono senza ragione sia meglio.

Non so da dove sia nata la società italiana di oggi. So pero' che come nel precariato e nell'incertezza, anche gli ideali e le istanze sembrano morire. E i funerali delle idee e delle speranze ormai non si contano piu'...

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