giovedì 28 aprile 2011

Lacune e portatori

Nei semiconduttori come il silicio, il germanio e qualche altro astruso nome come l'arseniuro di gallio, la conduzione elettrica viene fisicamente schematizzata utilizzando delle ipotetiche cariche positive detta lacune. In realtà, cariche positive in movimento non é che proprio ci siano, ma se una carica negativa neutralizzava una posizione e si sposta altrove, é naturale pensare che su quel sito ci sia ora un +.
Inutile dilungarsi oltre su questo pur affascinante meccanismo. Tutte le leggi che lo governano, pur studiate e utilizzate qualche volta, non le ho mai fatte mie. Pur avendo lavorato per anni nel campo dei semiconduttori in una delle maggiori aziende mondiali del settore, i concetti non mi sono mai entrati in testa fino in fondo. Colpa sicuramente mia, del Signore degli Anelli letto improvvidamente nella settimana prim dell'esame, ma anche del Prof. Mummia, che a sentirlo faceva venire un sonno tremendo...
In ogni caso Lacune. Sì. Abbiamo i nostri elettroni. Si incuneano nel nostro reticolo cristallino e sembrano potersi stabilizzare lì portandoci in uno stato di beata tranquillità corrispondente al livello energetico oiù basso libero, e poi un piccolo o grande campo elettrico li strappa via. A noi resta quindi questa carica positiva. Abbiamo un portatore + e non sappiamo in realtà che farne. Lui fisicamente non può muoversi e deve aspettare di catturare un nuovo elettrone per essere stabile per un attimo... Ma gli elettroni possono essere troppo energetici e quindi passare, colmare la lacuna e scomparire di nuovo. Oppure troppo deboli, e decadere immediatamente a uno stato più basso. E la lacuna é sempre lì vuota. Ma con i miliardi di elettroni, forse la statistica é dalla nostra parte... Sperando di neutralizzare la nostra lacuna, fischio!

mercoledì 27 aprile 2011

Compiti a casa

Non faccio più i compiti a casa. Non li faccio più da tanto. Faccio solo cose di cui ho realmente voglia e tra queste non vi è più quella auto-coercizione del dovere per troppi anni sperimentata. Sono del tutto indisciplinato di recente anche nella mia gestione dell'appartamento. Lascio a crescere flora e fauna nella mia cucina in attesa che la lavastoviglie si riempia. Ammucchio abiti da stirare per mesi, finchè sopraffatto dalla impossibilità di utilizzare ulteriormente mobilia destinata ad altro scopo, mi risolvo a fare l'indispensabile.

Non mi riconosco più neanche se guardo ad alcuni mesi fa, quando mi prendevo attenta cura di una serie di dettagli che davano alla mia casa una nota organizzativa inattesa. Non so se la mia vera natura stia prepotentemente riemergendo, o forse sia un momento transitorio di totale indifferenza alla realtà prossima che non mi dia alcuna soddisfazione. Fatto sta, che i miei compiti, quelli per cui non sono pagato, li trascuro amabilmente, inventando spesso delle vie complicate per ignorarli. Più complicate in realtà queste vie della banale soluzione risolutiva. Ma il prendere di petto il dovere mi è del tutto intollerabile.

Passerà questo momento forse. Forse no. Ma credo il mio contrappasso attuale sia abbastanza giusto: ho speso molti anni della mia vita facendo solo ed esclusivamente quello che dovevo. Certo sono dove sono soprattutto grazie a uno spirito devoto al "da farsi". Ma non credo che adesso sia più abbastanza dirsi che ci sono cose che si debbono fare. No. Siccome adesso sul palco ci sto con fare pensoso, probabilmente con l'atteggiamento di chi è pronto al prossimo scatto, ma ancora non sa dirigerlo, è meglio imparare dalla storia del Cunctator. E conto...

lunedì 25 aprile 2011

Lie to me - Ovvero un'ispirazione


Sono consapevole che per molte persone, i telefilm o i film di fantascienza e molte altre cose sono parte di una sub-cultura contemporanea. Ma ogni generazione vive del suo clima culturale e del suo mondo di entertainment. E' forse strano considerare che Kant e le sue filosofie fossero lo spasso di qualche secolo fa, ma è forse anche ingiusto considerare ineluttabilmente meglio teatro o altro di un'epoca rispetto alla nostra tv. Non la difendo a spada tratta, ma a volte le idee non sono male. Certo non bisogna diventarne dipendenti, ma a volte serve dare un pò di aria fresca a neuroni e sinapsi...

Insomma ho iniziato con poca convinzione a seguire un telefilm che si chiama "Lie to Me". Sono storie relative ad un gruppo di scienziati esperti di interpretazione della comunicazione non verbale. Ora lasciamo perdere le narrazioni più o meno verosimili che vengono trattate. E' un interessante gioco psicologico, ma tutto sommato è lo stesso inverosimile approccio di serie come CSI o altro, dove la scienza viene tirata per la giacchetta in mille modi e verso le più imprevedibili direzioni. Ma quello che mi piace, è proprio lo stile pseudo-scientifico per una disciplina interpretativa quale quella dell'osservazione del comportamento umano. A parte delle tecniche oggettive di riconoscimento di speciali condizioni psicologiche, sono sempre vissuto nella convinzione che psicologia e molto altro, si basi troppo spesso sulla sensibilità personale e non riesca a staccarsi da essa. In poche parole, uno psicologo insensibile, pur con tutte le sue conoscenze tecniche non mi ha mai dato la fiducia di saper capire e creare un rapporto di aiuto con il paziente. E' ovvio che come in tutto, l'esperienza gioca un ruolo fondamentale e questo emerge bene. Ma soprattutto mi ha ispirato l'idea di poterne capire un pò anche io. Non dal telefilm, sia chiaro, quanto dai libri sull'argomento. Penso che sia utile e importante per una volta non sapere cose ingegneristiche che nella loro essenziale perfezione approssimativa danno grande soddisfazione, ma vivono in un limite di applicabilità.

Ed ecco quindi che ho comprato un libro sulla comunicazione non verbale. Ci troverò dei trucchi interessanti, ne sono certo. Sicuramente ci saranno anche molte cose basate su interpretazione soggettiva, ma voglio iniziare a capirne di più. Mi sono reso conto di avere una sensibilità sull'argomento da potenziare. C'è infatti in noi la possibilità di percepire una situazione e di sniffare l'aria per capire che vento tira. Ma allo stesso tempo troppe volte non riusciamo a andare oltre e interpretiamo erroneamente i messaggi. Non mi aspetto tutto sommato di diventare una specie di lettore di mente o di volti, ma di riuscire forse a delineare e schematizzare alcuni atteggiamenti e saperli riconoscere. Non so se poi ci sia modo di sfruttare anche la cosa a proprio vantaggio o a vantaggio di altri, ma non vedrei la cosa con orrore. Basta non fare del male.

Nel complesso, questa volta, Wikipedia e siti internet non mi bastano e non mi convincono. Voglio i dettagli. E voglio un libro per studiare per conto mio senza che qualcuno debba poi esaminarmi. E acquisire delle nozioni specifiche per una volta per puro interesse è una vera ispirazione vissuta di rado... E quindi, concludendo, non tutti i telefilm vengono per nuocere... Alcuni servono...

venerdì 22 aprile 2011

Pasqua, Pasquetta e tutti gli affini


Oggi è iniziato qui in Svizzera il weekend di Pasqua. In una terra non molto prodiga di feste comandate e di ferie, è un momento importante che segna lo spartiacque tra il triste inverno, invero inviso anche ai montanari originari, e il periodo dell'aria aperta.

Climaticamente speciale quest'anno, da qualche settimana fa già un caldo che neanche nelle più rosee previsioni di una terra generalmente squassata da un freddo assassino... E Pasqua sembra che almeno come temperature non deluderà. Forse pioggia domenica, secondo le funeree previsioni, ma tutto sommato non c'è Pasqua che ricordi in cui almeno un giorno non siano cadute almeno due gocce.

Cosa fanno qui per Pasqua? Se non si parte alla volta della terra d'origine, ci si addormenta in una abnorme tranquillità visto che tutti i negozi sono chiusi. Al massimo ci sta uno di quei giri pigri nel sole o in prossimità del lago. Ma questa sarebbe una visione troppo italiana. Ho avuto più volte modo di dire che Svizzeri e Tedeschi, quando hanno del tempo libero dal lavoro, passano in modalità "Divertirsi come lavoro". Cioè via a esperienze estreme. Assoluta abolizione dell'epicureo relax riflessivo. E ecco tutti impegnati in mille e non più mille attività più o meno rischiose che comportano inevitabilmente il sopraggiungere di una stanchezza molesta.

Bisognerebbe a mio modo di vedere che qualcuno gli insegnasse cos'è l'ozio preventivo. E' quella bellissima sensazione di dormiveglia in cui il cervello si rallenta pian piano nelle sue funzioni di pensiero fino a focalizzarsi su intuizioni a velocità ridotta del tipo: guarda che bel sole, come si sta comodi qui, zzzzzz... Anche queste operazioni infatti producono il risultato di sentirsi spossati, ma la goduria rispetto alle scariche adrenaliniche, è che il corpo ha assunto un morbida temperatura di relax durante il giorno che verrà confermata da una buona notte di sonno a temperatura di cottura sotto coperta...

In ogni caso, è Pasqua anche qui. Mancherà la frittata di maccheroni della Pasquetta probabilmente, ma non mi lamento di questi quattro giorni iniziati con pigrizia e riflessione. In fondo forse la morale profonda dell'ozio non è la paternità dei vizi (tra l'altro non del tutto deprecabile), quanto il rallentare. A correre sempre si fa presto ad arrivare, ma la domanda è dove? E se non fosse che si arriva prima al capolinea?

Buona giornata e buona Pasqua a tutti!

lunedì 18 aprile 2011

Elettricità

Qui in Svizzera non si pagano molto le utenze. Costa tutto carissimo per il resto, ma l'acqua e l'elettricità non sono particolarmente esose. Del gas non parlo: gli appartamenti dotati allaccio del metano sono pochi e secondo una logica non chiara. Per tradizione mi sarebbe piaciuto avere i fornelli, ma mi accontento delle piastre elettriche che hanno tanto da dire...

In realtà nel mio cantone siamo anche provvisti della recentemente spaventosa energia nucleare. A meno di 20 chilometri, ho infatti una delle due centrali che attrezzano la zona. Sono perfino in possesso delle pillole di ioduro di potassio che lo comprovano.

Non è tranquillizzante il fungo di vapore che ogni tanto mi capita di incrociare con lo sguardo, ma c'è poco da fare: accendere una centrale è per certi versi piu' facile che spegnerla. In principio non sarei del tutto contrario nucleare. Certo c'è il problema delle scorie, di sicuro con le energie rinnovabili si puo' fare molto di piu' di quello che le major del petrolio ci fanno credere. Bisogna oggi già raschiare il fondo del barile per non rimanere a secco...

Ma guardando agli incidenti recenti, mi domando seriamente quanto ci possiamo spingere ancora oltre nelle richieste energetiche. Usiamo elettricità come se fosse inesauribile e soprattutto come se i costi di produzione non li pagassimo con un depauperamento profondo delle risorse del pianeta. E la cosa grave non è quando lo utilizziamo per attività veramente necessarie, ma quando mandiamo a palla i condizionatori anche se fuori ci sono solo 26 gradi. Oppure quando usiamo una macchina di potenza smisurata in una terra dove i limiti di velocità castrano un motore (leggi io e la mia alfa...).

Credo ci sia da iniziare a riflettere sul futuro ipotetico dell'umanità e su cosa è necessario investire per mantenere il livello di consumi attuale e non incrementarlo ancora. Ridurre gli sprechi è il primo passo. Inventarsene delle nuove il secondo. Ma guardare all'elettricità come ad un'amica da accarezzare con affetto non è forse una cattiva idea...

domenica 17 aprile 2011

La scoperta dell'alcool

Non ho un problema con l'alcool. Ci siamo conosciuti solo di recente, perchè nella mia lunga vita napoletana, ho sempre evitato accuratamente di bere. Frutto questo di un rigoroso ascetismo favorito dalla mia famiglia, mi sono sempre astenuto.

Però in Svizzera fa freddo. In più alla mia ormai significativa età, tutti hanno già percorso molta della loro strada in compagnia di più o meno pesanti cocktail delle più svariate origini... E così bere qualche goccio di vino (o a volte qualche bicchiere), una birra ogni tanto, qualche super-alcolico nei momenti eccentrici, non è così disdicevole. Tra l'altro, nella mia atavica ossessione del diventare dipendente da qualcosa, non credo che potrei andare oltre il moderato uso...

E ogni tanto ci scappa che l'uso moderato venga un pò superato e che io resti con la testa leggera leggera a dire sciocchezze per una buona ora consecutiva con fare canzonatorio da una parte, ma evidentemente simpatico se nessuno se ne lamenta troppo...

Non disprezzo questi momenti di sincera allegria indotta. Sono un segno di malessere come possono esserlo di benessere. Sono un liberarsi da quelle inutili inibizioni che ci condizionano a essere sempre politically correct. E in questo momento, sto cercando di liberare il mio animo dalle scorie di tutto quello che pesantemente mi condiziona. Non guido dopo aver bevuto. In genere non bevo niente se devo guidare. Ma ogni tanto non voglio guidare. Voglio che siano gli altri a portarmi. E nel farlo, che il mio animo viaggi veloce e leggero...

I Mille Post


Non ho celebrato degnamente il fatto che siamo arrivati nel blog a Mille Post. Rileggendo il millesimo post, non credo che fossi nello spirito celebrativo giusto. Ma ora voglio spendere qualche parola, sebbene la cosa sia autoreferenziale...

Beh, è iniziato come un gioco, nella direzione di mantenere dei contatti. Io l'ho presa subito abbastanza sul serio questa cosa. Forse perchè è stato colpo di fulmine con la possibilità sempre cercata di comunicare pensieri e impressioni senza svelare un anonimato e potendo essere a piacimento complesso con le parole.

Per alcuni è stato fuoco di paglia. Presto esaurito. Per altri forse la mancanza di tempo e l'allentarsi inevitabile di legami e di comunioni e comunità, ha prodotto un allontanamento progressivo. Per tutti, è stato bello contribuire e incontrarsi sulla strada ferrata. Nessun rimpianto di essere rimasto unica voce delle comunicazioni interne e esterne. Sono cose che capitano e penso che scrivere sia comunque una cosa abbastanza solitaria...

E' importante dire che aver mille volte scritto parole libere su queste pagine telematiche, non averne guadagnato economicamente un centesimo, ma personalmente un valore difficilmente stimabile, è sorprendente e entusiasmante. Tra gli alti e bassi di una vita e di una scrittura oscillante per qualità, quantità e verità, non ci sono esempi di cose scritte e non sentite. Si può leggere tra le righe una e mille storie. Cose intime e più ampie e lontane. Cose interessanti e meno. Ma in questo il blog assume la sua funzione di specchio della vita.

Rimane dov'é questo indirizzo. Ha una bussola il nostro treno, che almeno indica la direzione, pure se poi i binari indirizzano verso altri lidi. E' forse il modo per sapere dove sono. Chissà se ci sarà modo di arrivare a duemila. E' una domanda senza risposta, ma è anche un nuovo obiettivo...

Fischio d'oro oggi! E la firma del capotreno che lascia il suo armamentario per mettersi in cabina e diventare conduttore, per una giornata di sole...

Andrea B.

martedì 12 aprile 2011

47 Vasche


Ho iniziato da due settimane a andare in piscina. E' stata una decisione sofferta. Nella mia pigrizia profonda e atavica e con le mie usuali difficoltà di gestire il tempo al di fuori del lavoro, è stata una sfida che dovevo necessariamente vincere. Mi sono posto l'obiettivo e ha funzionato.

Ma ciò che è interessante, non è ancora una volta la mia stucchevole storia personale. Ciò che è interessante è che il nuoto mi ha aperto gli occhi a quella fatica che ti mette energia. Ho iniziato piano. Bracciate timide. Principalmente stile libero, qualche mossa di rana e poco dorso. Poi con un pò più di convinzione ho iniziato a spingere sull'acceleratore. Non è stato banale incominciare a gestire la fatica. Ecco perchè le prime due volte, mi sono accontentato di darmi un pò da fare senza troppa convinzione. Ma oggi mi sono posto degli obiettivi sempre più ambiziosi.

Partito da 10 vasche, ho continuato a darmi da fare senza riposare troppo. Ho lentamente ma inesorabilmente aumentato il numero di vasche fino a arrivare a 47. Alla fine ero stremato. Il cervello si era spento in tutte le funzioni accessorie che non fossero strettamente necessarie alla sopravvivenza. Respirare forte, guardare dove si va, prepararsi per la cena.

Ma è stato proprio questo il bello. La mia mente si è rigorosamente concentrata sull'obiettivo "prossimo muro" senza pensare a quello che va e ancor meno a quello che non va. Risalendo le vasche nelle due direzioni, mi sono preoccupato solo del numero delle mie bracciate, del mio ritmo di percorrenza, di non affogare per la scarsità di ossigeno rimasto... Insomma, la natura ha ripreso il sopravvento. E il cervello ha subito una sconfitta che meritava in questi giorni in cui ha tanto lavorato senza produrre molto di buono...

Adesso che scrivo sono serenamente stanco. Domani i miei demoni si ripresenteranno bene armati di forcone e caldi come l'inferno, ma almeno per stasera non devo preoccuparmi di loro. Li ho storditi con una apnea continuata e credo che mi daranno un buon tempo di recupero. Almeno lo spero. Perchè sto cercando una cura ad un male che tanto bene mi ha fatto, e dover combattere contro i demoni è ancora troppo...

lunedì 11 aprile 2011

Perdersi per ritrovarsi

Non so da dove mi sia sbucata in testa questa frase. Ma per una volta era quella giusta. La ho pronunciata ieri d'improvviso, quando sempre all'improvviso mi ha colpito allo stomaco il cazzotto del coraggio. Il coraggio è almeno doloroso quanto la paura, e decisamente meno sano...

Era il momento di perdersi. Proiettati in una luce abbagliante, i nostri contorni si stavano affievolendo. Ma era un'illusione ottica che accadesse a entrambi. Ero io a perdere me stesso, pur di essere in quella luce ancora. E i miei occhi che pure amano la sola luminosità, hanno per un attimo intravisto un futuro di scintillante fuoco. Affascinante, ma dolorosamente distruttivo...

Eppure ritrovarsi è la vera conclusione per me. Ritrovare me per avere la capacità di ritrovare non quella immagine ormai sfocata per la sovraesposizione, ma la vera te... Nel silenzio di un giorno cupo e di miserabile attesa, mi resta in mente lo sforzo disumano di un istante che non avrei voluto vivere mai. Ma adesso avvicino la speranza che serva a evitare il momento quello sì infinito, di un percorso senza ritorno...

domenica 10 aprile 2011

Addio nella lingua del cuore...


E oggi ho detto addio ad un sentimento. Ho dovuto guardarlo negli occhi e dirgli la verità. Ho dovuto confessargli che avevo sbagliato. Ho provato a farlo con dolcezza. Ho provato a pensare a un modo che non fosse staccarsene improvvisamente e senza anestesia. Ma non l'ho trovato.

Nel mio fallire alla ricerca del sonnifero perfetto, ho trascurato l'ipotesi che il dormire è solo rimandare quello che ti investirà al tuo risveglio... I dolori del cuore si devono sentire per intero: sono gli unici per cui ne valga la pena...

Dire addio significa rompere abitudini, lasciare andare speranze, sentire la mente e il corpo uniti nel rifiuto di una lama che cura, come un bisturi, ma anche taglia... Se poi realmente curi, non c'è nessuno che lo possa dire. Le belle parole di conforto che tutti cerchiamo di dire sono balle. Sopraffine menzogne senza fondamento che potremmo pensare di usare come lenimento se non conoscessimo la realtà...

La lingua del cuore è una difficile. Le sue frasi sono scomposte, come la linea del battito... Non c'é punteggiatura che possa creare delle discontinuità nel discorso... E' quindi un insieme di suoni e silenzi da interpretare. Ovviamente è impossibile da capire. Dire anche una parola di cinque lettere in questa lingua significa provare a spiegare perchè siamo. E siamo qualcuno senza provare a parlare la lingua del cuore? No.

Non ho stasera nessun rimpianto. Stranamente, nessun rimorso è ancora apparso. Ma sono certo che verrà fuori quello... Ho volato alto. Sono stato il mio miglior me. Forse anche meglio del mio miglior me. Non torno indietro sulla strisciolina di codice Morse che ha punteggiato la mia esistenza. E' una storia fedele di un ragazzo diventato un po' uomo, ma che soffre come un bambino. Un tempo scrissi su queste pagine che non avrei ucciso il bambino che c'è in me. E' quello stesso che mi rende ancora un ingenuo sognatore alla ricerca del suo piccolo istante di felicità. Ho creduto che le punte delle mie dita avessero incontrato un'altra mano e che una stretta in un unico pugno stesse per avvenire, una di quelle forti che fanno addirittura male. Ma il contatto si è trasformato in una mano carezzevole, eppure sfuggente...

Non parlo di ricostruire stasera. Devo soffrire bene, come diceva Massimo Troisi. Non cerco compassione. Non cerco comprensione neanche di chi io sia. Non cerco condivisione di più di quello che io ho scritto... Ma dovevo lasciare per me stesso un segno su questo locomotore. Un segno a carboncino: Andrea B è stato qui. Chissà se tornerò a parlare la lingua del cuore. Ogni volta sembra che diventi più difficile. E non ci sono mai due dizionari con parole in comune... Ma forse è meglio così...

mercoledì 6 aprile 2011

Faccio tutto io

E un altro periodo é iniziato. Domenica con appendice lunedì ho deciso per la svolta. Però a meglio guardare indietro, anche l'ingresso nel rumoroso tunnel dell'insoddisfazione era stato almeno in buona parte una mia scelta. Ecco perché gli indizi portano ad un unico e universale colpevole.
Ma più in generale mi viene da riflettere che troppe volte facciamo tutto noi, in tutti i campi. Nell'accumulare lo stress senza dotarci di valvole di decompressione fino ad esplodere, c'é un che di maligno e autolesionistico spirito di sofferenza... C'é anche chi riesce poi a rimanere a rotolarsi nel fango con un boccone addentato in stile coccodrillo. Sono quelli che tutto sommato sono solo affamati e non hanno bisogno del gusto delle cose. Sono in fondo una minoranza, ma spesso mi convinco non una così piccola minoranza...
Dipende da noi il decidere quando é troppo. In una certa misura, se si sta bene e se si ha l'energia e forse anche un pò di coraggio, ci si dà una spinta verso l'alto. E se la spinta é abbastanza forte, si può arrivare all'orlo della buca e spingersi fuori lasciando la propria pelle di coccodrillo lì.
Il problema é riuscire a non scivolare indietro. Perché a cadere ci si fa poi parecchio male. Ma anche qui, facciamo troppo noi. Ci convinciamo di cose che non sappiamo per certo. Ci ammaliamo di dubbi e di paure. Tutto ciò rende la risalita scivolosa, e braccia e gambe non possono tutto risolvere.
Alla fine il messaggio di questo post é però che contro noi stessi possiamo vincere o perdere, e per ognuno di noi vittoria e sconfitta si identificano con significati diversi. Ebbene io preferisco vincere. E per me significa essere un pò felice ed allegro. E forse crederò alla bugia che mi racconto che basti deciderlo per esserlo. E allora avrò vinto...
In carrozza!

venerdì 1 aprile 2011

Tecniche per i tecnici


Le materie tecniche producono specialisti. Detto in termini semplificati, ingegneria e affini producono ingegneri. Si studiano sofisticati modi di ottenere risultati sempre più complicati, delle "tecniche" e poi si viene definiti tecnici, ovvero quella razza di stregoni capaci di mutare il piombo in oro con misteriosi processi, ma fondamentalmente del tutto al di fuori di una realtà che abbia a che fare con la vita di tutti i giorni. Peccato che poi ci siano da lavare i panni, stirare, pulire casa e rammendare i calzini, perchè altrimenti i tecnici sarebbero sempre immersi in alte elucubrazioni sul come risolvere problemi dell'umanità generati ad hoc.

Infatti le tecniche, spesso sono utili non solo a risolvere i problemi, ma anche a generarli. Con essi si creano le sfide. Poi la si prende sul personale fino al grido finale di "Eureka". Sempre troppo atteso...

Ma io sono stanco di questo. Penso che venga il momento in cui la sapienza accumulata, la possibilità di risolvere un intricato e intrigante rebus, non siano poi così grande beneficio. Poter affrontare e consapevolmente risolvere un problema, è un grande risultato. E' innegabile però che comporti uno sforzo e un sacrificio cui bisogna essere disposti al di là di ogni ragionevole dubbio. Semplificando, quando lavori solo per poter continuare a mangiare e non per la soddisfazione che si stilla come goccia di rugiada che da una foglia cada nella bocca di un assetato beduino, non è più un gran divertimento. E io avrei bisogno di una sorsata piena per avere un brivido rasserenante.

Ma in generale, quello che ritengo a questo punto importante da dire, è che con tutta la tecnica appresa, con l'essermi identificato per molto con un tecnico, sono arrivato a quello che pensavo essere un incrocio e invece è più una rotonda. Non trovo un'uscita che mi porti dove voglio, e continuo a girarci dentro...

E quindi concludo dicendo che le tecniche non sono di aiuto ai tecnici per le scelte della vita. Ed è questa la più dolorosa scoperta che si possa fare...

Note per Viaggiatori Occasionali...

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Capotreno e Viaggiatori