venerdì 27 marzo 2009

Percorsi...


Si avvicina l'annuale incontro con il mio capo per parlare del lavoro, degli obiettivi raggiunti, di quelli falliti, del futuro e delle strade possibili, delle mie aspirazioni e di quello che invece si vede bene per me...
E' un momento importante nell'anno lavorativo: molti lo disprezzano e lo considerano inutile e inefficiente, ma nelle grandissime aziende come la mia attuale e la precedente, è l'unico mezzo di lasciare qualche documento ufficiale che spieghi i perchè e i percome delle scelte e dello stato d'animo di un lavoratore che ci sta a cuore (io)...

Sono sereno all'idea di parlare con il mio capo. E' una persona per bene e sono certo che ci si intenderà. Quello che meno mi convince è la sterzata che sta prendendo il mio gruppo e il mio dipartimento. Sembra che ci allontaniamo da ogni forma di attività di progresso per diventare dei puri conservatori di dati e manutentori della sacra fiamma esistente. Questo non mi piacerebbe: io sono da sempre proiettato nel futuro, guardo a ciò che vorrei fare e non a quello che è stato già fatto, perchè ho desiderio di metterci il mio tocco artistico in questa ingegneria da quattro soldi... Può essere presunzione, ma più che altro è constatazione della realtà e necessità di superarla. Le strutture statiche mi hanno sempre angosciato, perchè la loro rigidezza è destinata a spezzarsi a movimenti imprevisti come i terremoti. Invece quello che è flessibile, che asseconda il movimento, resta in piedi e anzi si ritira su con un proficuo immagazzinarsi di energie.

E' per questo che dirò della mia paura di rimanere imbottigliato nel collo delle attività che conduco, con nessuna possibilità di dare sfogo alla mia sognante immaginazione, senza quel senso di soddisfazione intima che c'è nell'esplorare le novità per metterle in pratica. Non voglio fare la Ricerca e Sviluppo di alcuni anni fa, ma piuttosto portare uno specchio distorcente in quello che abbiamo, per vederne nuovi spigoli da smussare e i limiti da superare. Creare soluzioni nuove, rimettere insieme sistemi, mantenerli in esercizio, è questa l'ingegneria che mi piace. Stare passivamente a guardare l'opera degli altri, accettandola passivamente, non è per me. Le conseguenze sul mio umore e sul mio destino sarebbero devastanti, e io so bene ciò che voglio e ciò che non voglio. So meglio forse proprio la seconda cosa, come tutti. Ma è un bene, perchè il nostro tempo è sempre poco, e ogni giorno che vola mi lascia con una strana sensazione di un capello caduto che non ricrescerà, e con la solita melodrammatica visione dubbiosa e meditabonda...

4 commenti:

Mario ha detto...

Anche per me si avvicina il momento di confronto con il capo: proprio lunedì, il mio percorso mi porterà a prendere un aereo (le ali cui fa riferimento questo post...) per Milano per la famosa (e molto spesso, famigerata) valutazione annuale, dalla quale dipende un'eventuale variazione retributiva e/o indicazione circa il futuro del percorso professionale del soggetto coinvolto.
Purtroppo, visto il campo in cui lavoro, il rapporto con il superiore non è basato su un confronto chiaro, limpido e aperto, ma si basa sempre sulla pressione cui il tuo capo ti sottopone per spingerti a raggiungere gli obiettivi (anche perchè, in ultima analisi, nel mio settore, gli obiettivi di crescita dell'Azienda sono influenzati in misura rilevante dai risultati conseguiti o meno dalla singola persona). Alla luce di ciò, la valutazione finisce per tradursi in un momento in cui, dopo un paio di minuti scarsi in cui vengono citati i risultati e gli elementi positivi, ci si focalizza esclusivamente sugli elementi da migliorare.
In astratto è più che giusto: l'evoluzione è frutto del superamento dei punti di debolezza, ma in questo caso si traduce in un facile appiglio cui il capo si aggrappa per rifiutare (o anche semplicemente rinviare a data da definirsi) una crescita personale o professionale, nonostante io lavori in una multinazionale che forse -nel momento tutt'altro che roseo per l'economia mondiale- ha registrato un tasso di cresciuta a doppia cifra...
Questo mi porta a guardare a questo momento con una certa inquietudine: non perchè io tema osservazioni o critiche, ma per la prospettiva di dover trascorrere varie ore a discutere (più o meno accesamente) sul fatto che non si sa cosa il sottoscritto farà "da grande"...

Andrea B ha detto...

Secondo me però non è tutto male. Si manda un messaggio nel quale si dice cosa si vorrebbe fare. Se capita l'occasione, magari ti si terrà in considerazione... La sincerità cmq credo che paghi. La diplomazia deve essere nei modi, ma non nei contenuti... Forza e coraggio: la tua spada laser può essere più lunga della sua...

Angelo ha detto...

Auguri per la riunione!

Da come parli si direbbe che sei tagliato per la ricerca, piuttosto che per la tecnologia. Sono ragioni molto simili alle mie che mi hanno spinto a rimanere nell'Università (invece di cercarmi un lavoro vero)...si...lo so...ho fatto una cazzata.

Andrea B ha detto...

In realtà il mio punto è piuttosto che un giorno dovrò rivendermi in qualche modo. Non esiste un lavoro a vita, e per rivendersi al meglio, come ho fatto l'ultima volta, devi sapere delle cose e essere un trattore, non un aratro. Se imparo una cosa, voglio poter poi dire a qualcuno che la capisco, non che so quale bottone premere per farla partire e poi per me non ci sarebbe possibilità di intervenire sui problemi... Non è un discorso molto nobile guardare a se stessi, ma per un'azienda la crescita risiede anche nella crescita personale. E io nelle grandi aziende mi ciaceo (traduco: ci sguazzo come un frollino nel latte)...

Secondo me non hai fatto una cazzata a rimanere all'uni. E' una strada molto difficile, ma io ammiro chi la ha scelta. Certo la ricerca è entusiasmante, ma allo stesso tempo frustrante... Io avevo bisogno di una parte molto concreta, e al di là di questi momenti di riflessione, l'ho trovata. L'importante è mantenere saldo il timone...

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