domenica 29 novembre 2009

Di vita e di morte

Ieri sono stato ad un funerale. Ci sono andato sollevato di poter essere a Napoli in questo momento. Era un parente stretto, che conoscevo dalla nascita. Esserci incontrati poche volte negli ultimi anni non significava aver dimenticato.

Tuttavia non è precisamente la morte l'argomento di questo post. Non me ne vogliate se potrà essere una cosa abbastanza dissacrante quella che scrivo, ma questa volta mi è venuto fuori forte un pensiero che ha bisogno di essere comunicato su un mezzo pubblico come un blog.

Come una percentuale elevatissima di italiani, siamo andati in chiesa per una cerimonia funebre religiosa. Nel mio status di cattolico, anche io desidero che questo accada quando il mio momento verrà. Tuttavia il mio desiderio in vita è che la cerimonia non diventi una cosa vuota di senso. Lo so che la morte stessa può essere priva di significato per tanti di noi, ma ci sono modi e modi di far lasciare al nostro corpo, quell'involucro che ci ha tenuto dentro, la parte scoperta della Terra.

Dico questo perchè ancora una volta ieri il sacerdote non è stato all'altezza. Non ce l'ho con lui in modo personale, anche se mi è sembrato significativamente “distratto” quando ha ripetuto due volte di seguito lo stesso salmo e ha saltato alcuni pezzi della celebrazione non particolarmente banali quali la consacrazione dell'ostia. Però il suo leggere un'omelia già preparata, neanche vagamente consolatoria quanto confusa anche su alcuni punti fondamentali della dottrina, mi è alquanto dispiaciuto. Sembrava un tema da bambino, neanche particolarmente riuscito. Con quell'approccio troppo scolastico, che nulla di caldo e amorevole veniva a dire. Nella tristezza, insomma, nessuna consolazione, neanche quella di poter ascoltare due parole di speranza per la vita futura, ma riferimenti al demonio e al peccato che nulla possono dare al cuore di chi resta...

E' per questo che credo sia necessario scrivere la mia omelia personale, che il sacerdote si interesserà solamente di leggere. Lo so che io non sono come lui investito dal Santo Spirito, ma non vorrei che proprio nel mio momento ci fossero altre priorità, e quelli che ci saranno debbano sentire parlare di qualcun altro...

1 commento:

il pappice ha detto...

Il fatto e', caro Capotreno, che in certi momenti tutto puo' sembrare banale e profondo allo stesso tempo, dipende un po' da come ascolti le cose. Di fronte al dolore immenso vale a volte piu' un abbraccio o uno sguardo sincero e dignitoso che discorsi articolati. La triste verita' di cui tu hai dovuto prendere atto e' che i drammi sono di chi li subisce, purtroppo la vita continua e per persone come quel sacerdote la morte fa parte della routine lavorativa.
Trovo pero' interessante l'idea di scrivere quello che vorremmo fosse letto al nostro funerale, ma credo che pochi di noi riusciranno in quest'impresa: chi e' che ha voglia di pensare alla propria morte?...io tenderei a rimandare a domani...

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