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mercoledì 2 ottobre 2013

Poetica del chiudere in bellezza

C'è qualcosa di macabro nella danza della politica italiana di questi ultimi giorni. C'è una incommensurabile tristezza da film già girato ma montato male. Le scene hanno quindi perso ogni legame con le successive e tutto sembra un asincrono collage di eventi slegati eppure tragici e rumorosi.

La contrazione delle visceri deriva da un lato dell'orrore e dall'altro da quella rabbia impotente di fronte a convinti attori di ignobili farse.

Se Berlusconi ancora dirige l'orchestra,  la sua incoerenza e l'evidenza di un uso distorto del palazzo e del suo esercito di deputati prezzolati hanno raggiunto vette ancora inesplorate.

Ma sembra che anche per questo novello Cesare i coltelli stiano all'improvviso luccicando in senato. Tu quoque Angelino forse risuonerà, ma non è detto che l'attentato riesca.

Quello che è certo è che l'Italia sta perdendo la sua ennesima battaglia per non essere seppellita da se stessa e dalla sua anima incomprensibile e autodistruttiva. Si ricorderanno questi giorni? Permettetemi di dubitarne visto il mare magnum di scempi già perpetrati. Ma almeno che la guerra finisca con una resa di tutto e tutti per ricominciare. Non so che altro augurarmi...

martedì 17 luglio 2012

Rinunciare alle rinunce.

Ci sono molti stili di vita, molte filosofie, molte religioni che esaltano la rinuncia. Sostengono nobiliti, riconoscono la sofferenza che ne deriva, ma in una visione escatologica, la rinuncia sembra essere un passaporto potentissimo per qualsiasi destinazione e un boost up per tutti gli obiettivi.

Raramente mi sono posto il problema di cosa fossi disposto a cedere, non perseguire in nome di un interesse più grande. Generalmente ho affrontato la questione diversamente: quello che dovevo fare per primo, quello che volevo fare per secondo, quello che potevo fare a chiudere il cerchio. È stato così quando studiavo: lì sì ho rinunciato a tantissime cose. Quei vuoti temporali e spaziali sono rimasti incolmati. Non rimpiango la scelta perché non lo è stata: era la logica del dovere, applicata senza sconti.

Però finita quell'epoca è arrivato il tempo della consapevolezza che ci fosse un'altra via. Quella del volere. È anch'essa una via difficile. Capire cosa desideriamo non è banale e a volte anche più doloroso del seguire quella via segnata dal dovere... Però poi è una via in discesa. Che fa sentire bene e male allo stesso tempo. Bene perché per un attimo possiamo padroneggiare il nostro destino. Dall'altro lato, perdere di vista il dovere e il potere è un rischio... Purtuttavia la mia disquisizione nasce dalla riflessione che è il mio momento del Volere. Il dovere e il potere sembrano scesi di un gradino, e mi rifiuto di farli risalire su finché non sia strettamente necessario. Contro ogni ragionamento troppo razionale sto facendo passi decisi per essere dove, come è soprattutto con chi voglio. Chissà perché dire che sto assecondando i miei desideri ha un'accezione sociale meno positiva di dire che ho un sogno. Mentre the Boss canta Working on a Dream, io faccio il manovale e senza fatica ma con energie che non mi conoscevo, guardo ad un futuro scandito da tanti piccoli ma intensi passi. Nessuna strada già tracciata, ma la possibilità di scegliere la propria direzione con uno sguardo e con parole sincere... Volendo, non dovendo, ma sperabilmente rendendo possibile... Rinuncio a rinunciare: si puó!

lunedì 16 gennaio 2012

Cicli Lavorativi

Sono entrato da un po' nel mio quarto anno di lavoro in Svizzera. I bilanci positivi si sono sprecati in questo passato prossimo eppure già remoto, e non c'è assolutamente da rimpiangere niente della scelta fatta. E' stata ed è ancora profondamente impegnativa, ma è anche stata ed è, fonte di soddisfazione e di fiducia per il presente e il futuro.

Tuttavia la storia ha un susseguirsi ciclico, in cui le cose si ripetono ossessivamente in un ritornello ritmato. E il lavoro è anch'esso un procedere in avanti e a ritroso su un cerchio ben disegnato. C'è il primo periodo in cui tutto è nuovo, tutto sembra bello e possibile. La libertà e il futuro aleggiano indistinti pieni di ipotetiche e fruttuose opportunità. E' l'amore, nella sua fase di conoscenza. Quello in cui si fa tutto insieme e si farebbe tutto per l'altro. Siccome il lavoro è in realtà un contratto come il matrimonio, è facile che si finisca in luna di miele. Tutto è sorprendente, e man mano che si prende fiducia in se stessi, arrivano delle soddisfazioni e il gusto di sentirsi apprezzati. Dura un pezzetto, ma poi la curva dell'emozione discende più o meno lentamente nella routine. E qui ecco che si iniziano a guardare le altre donne, a sognare nuovi corteggiamenti, a rendersi più disponibili a nuove esperienze. Ovviamente non si butta via il tempo trascorso, ma non si riesce neanche a sottomettersi all'ineluttabile progredire nel tempo di un sentimento di indifferenza e di minestra riscaldata.

Insomma si devono fare delle nuove scelte. Il ciclo si compie con il prossimo salto dove il percorso potrà essere più o meno lungo, ma sostanzialmente simile.

Che triste generazione la nostra, incapace di trovare una pace del cuore che la metta al riparo dai salti a piè  pari nelle direzioni più impensate. Tutti quelli che conosco sono in qualche forma inquieti, alla ricerca del loro prossimo ciclo con una frequenza sempre superiore. Non è dato sapere se questo ci gratifichi. Di certo ci dà quella dose di adrenalina di cui non possiamo più fare a meno. Aborrendo le droghe sintetiche, non possiamo fai altro che auto-impasticcarci naturalmente con percorsi sempre più artificiali e sempre più arcuati.

E se i cicli lavorativi non coincidessero con i cicli della nostra vita, che potremmo fare? Dovremmo forse accettare questo strano parallelismo, alla ricerca del binario giusto da cui riprendere il nostro viaggio...

martedì 29 novembre 2011

Vivere e morire

Nello scorrere del tempo verso obiettivi piu' o meno importanti, viviamo. Poi tutte queste cose che ci sembravano irrinunciabili un minuto prima, perdono il loro valore, e moriamo...

Con il naturale ciclo delle nostre esperienze, diventiamo migliori e peggiori ogni giorno, ma consci in fondo che proviamo solo a difenderci da quel pensiero insopportabile, che tutto scomparirà. Che esista il paradiso o l'inferno e che al piano ammezzato ci sia il purgatorio, non è un fatto rilevante. Tutto cio' che saremo stati si dissolverà, almeno su questo pianeta molto azzurro, per rimanere (forse) nella memoria di persone che ci sono state vicine, apprezzandoci, amandoci, odiandoci... Lasciare un nostro segno sul globo è una speranza giusta e legittima. Ma ancor di piu' forse è l'aver goduto quello che potevamo, l'aver visto quello che volevamo...

Non sono né ottimista né pessimista sul viaggio rotondo che compiamo. Penso pero' di sentirmi oggi profondamente incompiuto e non particolarmente felice di quello che ho raggiunto. Sento anche il tempo scorrere via, e il tentare di stringerlo e di rallentarlo un comportamento da folle Donchisciotte...

Eppure è cosi' difficile vincere la paura che mettersi a correre farebbe passare il nostro tempo ancor piu' rapidamente, che non mi risolvo a farlo. Forse se trovassi una direzione in cui puntarmi con consapevolezza e desiderio, tutto mi sembrerebbe piu' lieve. Forse quest'anno, nella sua bruttezza, ha come insegnamento che bisogna prendere la propria strada e accelerare fino al limite di velocità. Attenti alle multe, ma pronti a pagarle se c'è da spingere per arrivare in tempo...

domenica 29 novembre 2009

Di vita e di morte

Ieri sono stato ad un funerale. Ci sono andato sollevato di poter essere a Napoli in questo momento. Era un parente stretto, che conoscevo dalla nascita. Esserci incontrati poche volte negli ultimi anni non significava aver dimenticato.

Tuttavia non è precisamente la morte l'argomento di questo post. Non me ne vogliate se potrà essere una cosa abbastanza dissacrante quella che scrivo, ma questa volta mi è venuto fuori forte un pensiero che ha bisogno di essere comunicato su un mezzo pubblico come un blog.

Come una percentuale elevatissima di italiani, siamo andati in chiesa per una cerimonia funebre religiosa. Nel mio status di cattolico, anche io desidero che questo accada quando il mio momento verrà. Tuttavia il mio desiderio in vita è che la cerimonia non diventi una cosa vuota di senso. Lo so che la morte stessa può essere priva di significato per tanti di noi, ma ci sono modi e modi di far lasciare al nostro corpo, quell'involucro che ci ha tenuto dentro, la parte scoperta della Terra.

Dico questo perchè ancora una volta ieri il sacerdote non è stato all'altezza. Non ce l'ho con lui in modo personale, anche se mi è sembrato significativamente “distratto” quando ha ripetuto due volte di seguito lo stesso salmo e ha saltato alcuni pezzi della celebrazione non particolarmente banali quali la consacrazione dell'ostia. Però il suo leggere un'omelia già preparata, neanche vagamente consolatoria quanto confusa anche su alcuni punti fondamentali della dottrina, mi è alquanto dispiaciuto. Sembrava un tema da bambino, neanche particolarmente riuscito. Con quell'approccio troppo scolastico, che nulla di caldo e amorevole veniva a dire. Nella tristezza, insomma, nessuna consolazione, neanche quella di poter ascoltare due parole di speranza per la vita futura, ma riferimenti al demonio e al peccato che nulla possono dare al cuore di chi resta...

E' per questo che credo sia necessario scrivere la mia omelia personale, che il sacerdote si interesserà solamente di leggere. Lo so che io non sono come lui investito dal Santo Spirito, ma non vorrei che proprio nel mio momento ci fossero altre priorità, e quelli che ci saranno debbano sentire parlare di qualcun altro...

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