lunedì 18 maggio 2009

L'insostenibile leggerezza del lavorare

Ho una rivelazione: mi sto divertendo! E' così e mi guardo allo specchio ancora stupita di quello che mi capita. Il fatto è che da anni non mi divertivo così a lavorare. Quale mirabile alchimia si è generata per fare in modo che questo lavoro all'improvviso mi provochi un tale ilare interesse, una così felice leggerezza, una voglia incredibile di andarci, di fare, di parlare, di essere? E l'alchimia generatasi può essere riprodotta in ogni momento anche cambiando lavoro, ed è perciò una leggerezza endogena, oppure se cambiassi riproverei quell'abbrutimento che ben conosco, quella repulsione profonda che mi fa desiderare di tornare a dormire, e la leggerezza è quindi da considerarsi esogena? Io sinceramente spero e credo che la leggerezza sia endogena, ossia sia mia, assolutamente propriamente e indefettibilmente mia, perlomeno per la maggior parte.
Purtroppo devo considerare anche alcuni fattori non esattamente riproducibili; l'aver considerato questo lavoro, preso un po' per caso, come una scemata pazzesca (e poi in effetti non lo è), il gruppo di lavoro decisamente modesto (ma sta crescendo). Sono insomma partita un po' con la puzza sotto il naso e con nessuna affezione e nessun investimento carrieristico e questo ha fatto un bel po' di differenza. Non ho sentito nessuna assunzione di responsabilità eppure poi me la sono presa tutta, anche al di là di quello che mi sarei aspettata. Alla fine non posso essere meno di me stessa e se le cose le so non posso fare a meno di metterle a disposizione di tutti.
E' che mi diverto anche a risolvere i problemi. E nonostante l'anello mancante fra l'uomo e il gibbone e la donna con il cervello all'ammasso (ma lo sta recuperando, in fondo anche i muscoli più flaccidi quando li usi si rassodano) io mi aggiro nell'ufficetto dei bambini sperduti con sorrisi per tutti e rassicuranti chiacchierate.
E allora dovrei fare alcune considerazioni e segnarle nell'agenda della vita:
- non prenderla così sul serio, non fa bene;
- se le cose non dovessero essere perfette non sempre è colpa tua, anzi quasi mai;
- sorridi, in fondo se non riuscirai a finire il lavoro oggi, c'è sempre domani;
- tutti valgono qualcosa più di quello che ti aspetti (tranne il gibbuomo);
- il tuo lavoro vale sempre più di quanto tu non creda.
E avere un grande futuro dietro le spalle aiuta a non prendersi molto sul serio.
A questo punto della mia vita non è lavorare la cosa più importante e se avessi capito prima che probabilmente non lo è mai stato sarei stata più felice in alcuni momenti, avrei avuto più tempo e sarei stata più disponibile per le cose veramente importanti, che per quanto ti giri e ti volti, sono e sono sempre state e sempre saranno i rapporti con le persone, soprattutto con quelle care.
E poi c'è un altro fattore che fa sì che questo lavoro mi piaccia tanto e non so se riesco a spiegarlo. La mia vera capacità, quella per cui secondo me valgo oro, ma che nessuna azienda paga mai (o perlomeno io non ne ho mai conosciute) è che io riesco a far lavorare insieme la gente. Quello che so fare bene, anzi benissimo, è fare il facilitatore. Io faccio comunicare le persone, rendo l'ambiente sereno, faccio rispettare i diritti, facilito i doveri, dò a ognuno quello di cui ha bisogno. Un freno a questo, un calcione a quello, un incoraggiamento a quell'altro. Spiegazioni, soluzioni, file per semplificare, modelli da applicare. Incuto terrore agli stronzi, affetto ai più, odio ad alcuni. Io non lo so perchè, non me l'ha insegnato nessuno e a volte mi si gonfiano le vene del collo nello sforzo di far capire le cose, a volte esplodo, a volte urlo, strillo e strepito, ma alla fine il gruppo in cui mi trovo lavora come non mai, fila liscio su binari oliati come questo treno virtuale.
La cosa importante è che io non sia il capotreno, lo so. Non sono un grande primo, piuttosto un grande secondo. Solo uno dei capi che ho avuto aveva capito o intuito questo mio talento, infatti mi ha affidato sempre collaboratori cavolo. Si, avete capito bene, i cavolfiori, quelli che nessuno vuole, quelli che sono rompicabasisi, quelli malaticci, o considerati scemi e inutili. Gli scarti aziendali insomma. E con me hanno lavorato benissimo, sono diventati cime, vabbè colline, si sono impegnati al di là delle loro forze. Per qualcuno poi l'effetto è stato permanente, per altri meno, però tutti sono usciti dalla mia tutela più bravi e consapevoli di quando ci erano entrati.
E in questo gruppetto un po' raccogliticcio, unitosi per caso, creatosi per raccomandazioni o suggerimenti, mi sento a mio agio, mi ci sono accoccolata bene. Mi godo questa leggerezza, questo benessere e spero che duri per un po'. Non ho molta voglia di cambiare, di ricominciare la corsa. Ma se dovessi cambiare spero di riuscire a portarmi dietro queste intuizioni, questo essere lieve e il sorriso che ho oggi.
Sto pensando di farmi i capelli ricci
.

2 commenti:

Andrea B ha detto...

Bella la condizione del lavoro sereno. Non fartela sfuggire dalle mani: prelude a un ottimo periodo di soddisfazione generale! (Oroscopo della settimana :-)

La perfezione stanca ha detto...

Ho intenzione di tenerla stretta (a meno che non mi offrano di più :-))!!

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