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martedì 6 gennaio 2015

Pino, Massimo e noi

È morto Pino Daniele. Notizia battuta da tutte le agenzie e che ha riempito la fine delle feste natalizie.

Personalmente la riflessione che mi sento di fare non è sull'uomo né sul cantante, ma sulla fine di un tentativo di affrancarsi dallo stereotipo del napoletano che è riuscito a lui e a Massimo Troisi, seppure in due ambiti diversi. Massimo Troisi di "Che ora è" che recitava con Mastroianni. Pino Daniele che portava l'inglese nelle canzoni ad accento napoletano. Aprirsi al mondo senza dimenticare le proprie origini e traendone linfa per la propria ispirazione.

Tanti anni fa, alle scuole medie, il professore di musica, prof. Di Donna, organizzava il saggio di fine anno, e tra i pezzi che ci fece imparare a memoria, c'era Napul'è. Gli chiesi di chi fosse il testo, e mentì dicendo che era suo. Allora gli credetti. Ma non era la verità.

Ci resta tanto. Ma per me, napoletano espatriato che non tornerà se non da turista familiare, resta di Pino Daniele questo (e scusate se è poco):

Napule è mille culure
Napule è mille paure Napule
è a voce de' criature
che saglie chianu chianu e
tu sai ca nun si sulo.

Napule è nu sole amaro
Napule è addore 'e mare
Napule è 'na carta sporca
e nisciuno se ne importa e
ognuno aspetta a' ciorta.

Napule è 'na cammenata
inte viche miezo all'ato
Napule è tutto 'nu suonno
e 'a sape tutti o' munno ma
nun sanno a verità.

Napule è mille culure
(Napule è mille paure)
Napule è 'nu sole amaro
(Napule è addore e' mare)
Napule è 'na carta sporca
(e nisciuno se ne importa)
Napule è 'na camminata
(inte viche miezo all'ato)
Napule è tutto nu suonno
(e a' sape tutti o' munno)

domenica 17 maggio 2009

Pino (Daniele) Marittimo


Come un vapore meridionale, è arrivato in una Zurigo primaverile schizzata d'acqua, quel Pino marittimo di cognome Daniele, che di percorsi di musica gradevoli e meno ne ha esplorati un bel pò...

Non posso dire di essere mai stato uno dei suoi fan più appassionati: ho amato e amo molto alcune canzoni antiche che mi riportano alla mia terra natale con una poesia delicata e struggente e con quel dialetto che è la mia vera lingua, la lingua dello stomaco e non della testa... Tuttavia sono un emigrato, e basta poco in questa condizione, a voler ricercare origini e sonorità che sono state parte del mio sangue e della mia educazione non scolastica. C'era il concerto e ci sono andato, senza pensarci neanche troppo, perchè il desiderio di sentire un pò di vento salino, foss'anche coperto da quella intollerabile asetticità svizzera, mi ha convinto...

E' stata una nuova esperienza e andare ad un evento all'estero ha presentato molti spunti interessanti. Ci sono andato con persone di varia origine, per la maggior parte con radici italiane, ma con dei percorsi di vita piuttosto frammentati. Decisi a coprire con le nostre voci le mancanze di quella del Pino nazionale che tanto ormai ha dato, fin dall'attacco di "Quando", abbiamo iniziato a cantare a piena ugola/batacchio. Il tono era quello delle campane effettivamente, ma in Italia, a un qualsiasi concerto, chi se ne importa? Ebbene qui invece un paio di spettatori, appena visto l'andazzo, si sono dileguati con sguardi di disapprovazione verso di noi. Aperto uno spiazzo nella folla intorno a noi, senza risparmiare un pò di critica verso il nuovo album, abbiamo mantenuto il nostro atteggiamento "politically scorrect"... D'altronde, a parte l'esaltazione di molti per gli assoli di musica (lunghissime pause per far riprendere Pino dallo sforzo...), c'era intorno a noi una vasta popolazione di inerti mummie ben conservate, che al massimo battevano il tempo con il sopracciglio proponendo una versione filtrata delle canzoni più ritmate, e che hanno mostrato gradimento con un paio di battimani decisi, ma contenuti...

D'altronde che ci fosse qualcosa di culturalmente diverso lo abbiamo capito all'ingresso della sala, quando una gentile e sorridente signorina ci ha offerto gratuitamente un pacchettino bianco. Si trattava di precauzioni tese a proteggere da danni irreparabili la fondamentale salute pubblica in un ambiente promiscuo: tappi per le orecchie...

martedì 31 marzo 2009

Pino Daniele e i piatti gialli...


Stasera ho lavato i piatti. Da settimane mi trascinavo con difficoltà anche per 4 giorni senza dare una passata d'acqua alle stoviglie con puzza debordante e incrostazioni non eliminabili... E' stato un pò imparare l'arte dell'arrangiarsi e superare il problema delle pentole limitate cucinando ogni volta qualcosa che andasse bene su quelle superstiti. Negli ultimi tempi però ho capito che non potevo continuare così. La cucina allo sfacelo, portava con sè a valanga una moltiplicazione di disordine non più recuperabile senza uno sforzo sovrumano. Mi sono quindi risolto a fare di più giorno per giorno, e meno tutto insieme. E così facendo, mi sono trovato stasera per le mani un piatto giallo della Coop. Questo arnese è di plastica dura, resistente al calore, e molto facile da impilare. Ovviamente è infrangibile e incorruttibile, per cui sopravvivrà al genere umano... Però il piatto e il corrispondente servizio hanno una storia. Li ho comprati con mia Madre, esattamente il giorno dopo il mio arrivo in Svizzera, e prima di tradirli con il servizio di Ikea, sono passati molti mesi. Uno solo di essi è stato distrutto da fuoco amico, perchè appoggiato su una piastra elettrica non ha potuto resistere all'effetto fusione...

In ogni caso, i piatti gialli costituiscono per me un ricordo di stabilità e insieme di mobilità: li comprai in attesa di stabilizzarmi, e pronti per essere traslocati appena mi fossi spostato ad una nuova casa.Per lungo tempo sono stati risicati compagni di limitate cucine e di scarsa abilità di cuoco. Sono un segno di strada percorsa, anche i piatti, e li guardo con affetto di chi ha avuto bisogno anche della certezza di non poterli rompere per andare avanti.

E a proposito di cose immutabili, Pino Daniele verrà qui in Svizzera a Maggio. Da bravo emigrato credo che lo andrò a vedere. Non mi aspetto granchè da lui: ormai più che cantare mugola suoni incomprensibili che accompagnano una chitarra anch'essa un pò acciaccata. Però è una montagna che va a Maometto, e se pure mi dovesse solo accennare con l'alito alla cipolla Napul'è, qui in Svizzera credo che piangerei... Ma potrebbe anche darsi che invece si limiti alle canzoni degli ultimi dischi, alle quali il risultato lacrimevole sarebbe presente, ma provocato non da devozione quanto da rimpianto per il passato...

Tra quattro giorni prendo l'aereo. La malinconia lascia il posto alla serenità...

Note per Viaggiatori Occasionali...

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