Oggi ho sciolto il morso che teneva la mia lingua frenata da un pezzetto, e ho scaricato un galoppo di brevissima durata, ma di intensità incontenibile.
E' stato come uno schiaffone deciso in pieno volto di chi mi ascoltava incredulo. Ma era tempo per dire decisamente basta. Soprattutto a me stesso. Ho usato alcune delle preziose risorse del mio piccolo cerebro in avvitamenti troppo inutili per essere spiegati. Ho lasciato che cose che non hanno piu' alcuna importanza rimanessero a girare nelle circonvoluzioni periferiche, con qualche puntata improvvisa al centro. E adesso bisogna proprio mettere un punto a tutto ciò.
Sono in un certo senso orgoglioso di aver dignitosamente fatto esplodere la parola fine ad una situazione paradossale in cui mi ero messo a bagno. Adesso non si torna in nessun modo indietro e non c'è niente da rimediare. Ma era cosi' che doveva andare da lungo tempo.
Ora si potrebbe discutere su quello che è giusto e sbagliato. Ma devo dire che non posso pentirmi di aver fatto una scelta moralmente valida verso il mio benessere. E' tutto chiaro adesso. Non è rimasto niente in sospeso che sia inespresso. E ora ho un gran sonno, come se avessi atteso questo momento a lungo per riposare al fine.
Ho pensato che poche parole e un silenzio possono fare molto male. Perchè il silenzio svela e ricopre tutto di una gelida brina... Ma in realtà sento già un caldo sole. Non è una vendetta quella che mi sono preso. E' stato stabilire il punto con una carta nautica nuova che mi dice dove sto mettendo la prua.
Nel mio amore infinito per metafore e similitudini, sembro perdere il significato delle cose. Ma in realtà lo ritrovo dicendo semplicemente che ho perso, ma se prima credevo anche la dignità, stasera mi sento di aver riconquistato il diritto di essere me stesso completamente.
Quando rileggero' questo post, mi risulterà forse oscuro. Ma non mi preoccupa perchè è un post liberatorio, uno di quelli sinceri.
E lo ho atteso a lungo...
Racconti di viaggio lungo i percorsi della vita...

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lunedì 7 novembre 2011
lunedì 17 gennaio 2011
Senza bussola

E' successo ancora. E' successo perché doveva o perché poteva. E' successo perché non c'è un modo per me che sia uno per non spezzarmi in due. E' successo perché io ci credo ancora e dovrei smettere di farlo. Ma sono vivo, e finché lo sarò so che continuerò a farmi questo e a farmi fare questo. E tutto sommato, non voglio morire oggi. No.
Nel rompermi e nel perdere ogni direzione, nel non sentire più alcun vento che gonfia le mie vele, l'irreale situazione di silenzio e di immobilità mi lascia sparso al sole, senza acqua, ma senza sete. Potrei non scrivere niente in questo post, lasciare che tutto si annebbi in una incomprensibile e limacciosa immobilità, ma devo rialzarmi presto, perché nessuno mi può raccogliere da dove sono. Non posso dare i miei punti cardinali. Mi sono spinto precipitosamente in una direzione senza potere e volere imparare la strada per tornare indietro. Ho sperato che quella strada non servisse, solo per realizzare che semplicemente una strada non c'è. E ora che tutto giace in frantumi e in rovina intorno a me cerco cocci che non possono essere incollati. Non mi bastano le fitte di ogni singolo pensiero. Ogni immagine, ogni pezzo che resta di un momento lo prendo a testate, perché per smettere di sentire male in un posto, a volte bisogna sentirne in qualche altro. Potrei mettermi anche a relativizzare, ma a volte vale la pena di mandare anche Einstein a farsi fottere...
Tutto questo può essere chiaro solo per me. Eppure non mi importa che sia così. Mentre le dita scorrono sui tasti, mentre lo schermo diventa a momenti opaco, mentre mi avvolge il candido silenzio di una serata a casa, esigo da me stesso la promessa di rialzarmi domattina. Eppure mi lascio questa sera, me la lascio per sentire ancora una volta che sono stato io e che sono stato vero, senza menzogna, senza finzioni. Tirando fuori il bello e il brutto di un'anima comune forse, ma di una persona che non vuole lasciare dietro di sé il rimpianto di non averci provato fino all'ultimo a essere felice, a essere completa. Il rimorso verso me stesso e verso gli altri, invece lo conservo gelosamente, a futura memoria...
Anche questa volta, come nella mia migliore tradizione, non ho trovato una risposta alla domanda: "Perchè no?". Avrei dovuto forse cercarla meglio questa risposta. Ma forse non l'avrei trovata comunque da solo. Ci voleva qualcuno a darmi quella risposta, con i suoi perché che credo non saprò mai. Un giorno tutto questo svanirà, finanche il ricordo diventerà una stanca sinapsi legata a chissà quali altre e da chissà quali altri legami. Ma so che quel giorno non è così vicino come dovrebbe essere...
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