Ieri ho ultimato il trasloco dal Maniero alla mia nuova residenza temporanea. É stata un'impresa di non poco conto. Credo che lo sia stata perché sono sempre quell'ingegnere maniacale di cui altre volte ho parlato, e ho dovuto mettere tutto in ordine come se fosse un progetto di lavoro. Il risultato é stato attenzione ai dettagli, organizzazione e protezione dagli incidenti possibili. Insomma un nuovo spasmodico esercizio. E questa volta ho avuto una netta e profonda sensazione di non sapere perché lo facessi. Non era per soldi, non per soddisfazione, neanche per necessità vera e propria. É stato per dovere. Per dovere verso me stesso, per non sentire l'ansia che il mio mondo potesse essere intaccato da mani ignote, in quella certezza che il vetro soffiato della mia campana regga a un nuovo urto...
Mentre oggi viaggio stanco verso il lavoro, sento un assordante silenzio cerebrale... Non credendo alle coincidenze, so che le onde che si infrangono sulla spiaggia delle mie sinapsi preludono ad una mareggiata. Forse mi ritroverò in mano un martello per infrangere il mio vetro temperato e sarà giusto così: al di là di esso credo ci siano nuovi colori...
Mentre oggi viaggio stanco verso il lavoro, sento un assordante silenzio cerebrale... Non credendo alle coincidenze, so che le onde che si infrangono sulla spiaggia delle mie sinapsi preludono ad una mareggiata. Forse mi ritroverò in mano un martello per infrangere il mio vetro temperato e sarà giusto così: al di là di esso credo ci siano nuovi colori...
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