venerdì 29 novembre 2013

Senza alzare la voce

Lavoro con le persone. Ognuno ha il suo carattere e un suo modo di esprimere disappunto come partecipazione e contrarietà. La voce è una potente cartina di tornasole degli stati d'animo. Ovviamente avere anche l'immagine e poter leggere una postura aiuta molto a capire e prevedere quello che accadrà.

Quando pero' ci si deve limitare al telefono, i silenzi, le pause e i cambi di tono restano l'unica via per interpretare il senso di quel turbine di emozioni che vorticosamente ci prende al cuore.

E' comune che si giunga ad alzare la voce oltre il tono naturale. Per chi come me è già normalmente rumoroso, significa sembrare concitato o arrabbiato. Non è sempre cosi'. Piu' spesso si tratta di una partecipazione intensa che prende anche il nostro lato emozionale. Il portare avanti delle idee diviene un deciso cambiamento di tono con picchi e valli acuminati e profondi che sconcertano.

Sarebbe bene imparare a portare avanti le proprie istanze senza alzare la voce. Non bisogna essere monotoni, ma allo stesso tempo bisogna riuscire a immedesimarsi negli altri per capire cosa possiamo fare di male a chi ci sta di fronte con una diversa sensibilità.

E' un lavoro duro su noi stessi che sembra non terminare mai. L'autocontrollo ci svuota e ci lascia esausti, ma il lasciarci andare ai nostri lati dominanti puo' inutilmente ferire. L'esercizio di pazienza e la rigorosa applicazione delle parole che non prendono i toni dell'offesa, alla fine puo' insospettabilmente ripagare in un benefico momento di ascolto e comprensione.

Dietro un buonismo simulato in abito da prete, c'è in me la sensazione che il mondo urlato, benchè lungi dallo scomparire, possa essere combattuto da noi stessi in un tentativo sincero di avvicinarsi agli altri...

E buonanotte...

domenica 24 novembre 2013

Cina

A volte questo blog prende i toni del racconto personale,  lasciando da parte I temi generali e i viaggi reali.
Altre volte,  come in questo caso,  tenta di raccontare un'esperienza di conoscenza straordinaria nel tentativo di inquadrare un nuovo mondo che è sembrato per troppo tempo e a troppe persone lontano e slegato dal nostro. 

Ebbene ho trascorso 7 gg in Cina. Era da alcuni anni che pensavo di voler andare a vedere di persona come vivesse nella sua terra la gente che più velocemente si sta diffondendo per il mondo e più o meno alla luce del sole lo sta iniziando a dominare. Vedere le case, assaggiare il cibo, sfatare o confermare i miti che troppe volte si basano sul sentito dire. Ecco la missione. 

Pechino

È iniziato tutto in un'atmosfera polverosa a Pechino, anche detta Beijing. Una cappa di inquinamento colossale ci ha accolti in una capitale da 20 milioni di abitanti. Ecco la prima constatazione: le polveri sottili e lo smog sono una realtà tangibile. Le auto in numero incredibile erano tutte ricoperte di uno strato bianco, esattamente come le foglie di tutti gli alberi lungo la strada. Quando poi ho passato la giornata a camminare in giro, ho avvertito nitida la necessità di una doccia. L'accumulo orribile di particolato è stato testimoniato da una soffiata del naso che sembrava più la pulizia di un camino.

Il traffico mi ha messo decisamente in crisi. Provenendo da Napoli pensavo di averle viste tutte, ma la follia di cambi di direzione, l'indisciplina irrequieta e l'assenza completa di regole e di qualsiasi controllo, mi hanno veramente sconvolto. Tassello importante tuttavia delle conclusioni cui sono al fine giunto, posso aggiungere che in Cina ci sono moltissime auto, una gran quantità vecchie e chiaramente usurate, ma soprattutto ci sono milioni di cinesi che hanno fretta.
Poi c'è stata una prima immersione nella massa liquida di teste e corpi. La metropolitana stracolma dove il contatto fisico non è delimitato. È terribile consuetudine non tenere per sé la propria saliva: starnuti e sputi sono condivisi con i passanti e i vicini. Forse l'effetto aviaria non ha creato alcun cambiamento culturale. Nessun giudizio morale su questo comportamento. Solo una diversa abitudine igienica. D'altronde anche il dubbio su che cosa accadrebbe al mondo se un miliardo di cinesi utilizzassero i fazzoletti di carta.
Una storia millenaria quella della Cina, ben rappresentata dai monumenti di Pechino e dalla incredibile Muraglia. Un percorso visibile dallo spazio che testimonia un'epoca andata, ma un'operosità ereditata dalla popolazione di oggi. In questo la Cina è lontana da un mondo occidentale dove non è la forza dei numeri a fare una brutale differenza.
Colpisce in modo differente l'inaccurato rapporto con I dettagli e l'assenza di manutenzione. Tutto sembra diventare presto vecchio. Nessuno sembra soffrirne o curarsene. Ma la decadenza arriva repentina allo sguardo europeo. Uno sguardo di sicuro 30 anni fa meno severo. Però il punto è la velocità di recupero da queste differenze. Se la globalizzazione standardizzerà anche gli aspetti perfettibili della vita cinese le loro richieste e aspettative saranno le stesse che il mondo occidentale ha nutrito per lungo tempo. Come una società così diversa possa assorbire simili istanze non è chiaro.

Xian

E da Pechino a Xian. Non dirà molto a molti questo nome. Ben più facile che si sappia del poderoso esercito di terracotta. Una magnifica follia imperiale che testimonia uno splendore culturale indimenticato, ma forse anche un po' sepolto. 

Un volto diverso della Cina. La città antica, ma francamente anche un po' vecchia. Cavi elettrici penzolanti ovunque, una pulizia approssimativa, una povertà sottintesa. I motorini come taxi ufficiali e senza misure di sicurezza all'interno del solito traffico "constrictor". Le bancarelle di cibi meno esotici del previsto, ma di qualità prevedibilmente bassa. Se gli spiedini di calamaro provengono da un marciapiede confinante con la strada e da una inquietante scatola di polistirolo non refrigerata per una giornata intera, forse noi europei potremmo soffrirne.
Ma anche Xian una città imperiale fondamentale. E i suoi monumenti a testimoniare epoche andate. Anche qui con un pezzo di tarocco: la maggior parte edifici ricostruiti per essere contemporaneamente memoria e bene comune. In un mix a volte sconcertante di tradizione che si mescola alla nuova Cina degli edifici enormi, nuovi e allo stesso tempo troppo spesso dozzinali.

Shanghai

E via in volo verso Shanghai. Aspettarsi ancora un contrasto è legittimo. Ma, delle 3 raccontate, Shanghai è la più contaminata ed europea. Non necessariamente un bene questo mix alcolico eccitante e allo stesso tempo claustrofobico. In uno spazio enorme, ti senti ugualmente soffocato da una massa umana che ti sembra di bere come una grappa di riso. Ebbrezza iniziale fino a una totale indifferenza quando la dose abbia superato i livelli di sopportazione. 24 milioni di gocce distillate unicamente, ma sciolte l'una nell'altra. È la città della ricchezza e della modernità che fagocita se stessa per assecondare il mito della fenice che brucia per rinascere dalle sue ceneri, in grattacieli da torcicollo colorati per trasmettere la tradizione che essi stessi stanno spezzando.
 

 

Ma è anche forse la città che più possiamo comprendere. L'antica porta alla Cina è oggi un centro finanziario irrinunciabile per il mondo e conseguentemente ricco di influssi ormai indistinguibili e che fanno sentire coinvolti tanti, ma forse a casa nessuno. Un albergo neutro per una gran massa. Una casa instabile per tanti altri che aspettano che il loro tetto venga schiacciato dal pachidermico piede dell'ennesimo colosso di cemento armato. Risucchiati innaturalmente ad altezze vertiginose, lottano tutti per la propria stabilità. Tra 24 linee della metro e decine di viadotti e di uscite dell'autostrada, gli uomini sono punti consapevolmente invisibili che non possono riconoscersi.
È tuttavia una città discoteca perché riesce a stupefare con suoni e colori. Cosa resti di questa modernità tanto attuale eppure tanto anacronistica non è chiaro. Non credo che vivere in un simile ambiente sia facile. L'impressione è che la droga della velocità sia assorbita in modo inconsapevole e che poi renda inaccettabile un rallentamento. Effetti collaterali si vedranno nel lungo termine...

venerdì 15 novembre 2013

Decrescita professionale

La vita lavorativa può essere una sequenza di esperienze che hanno due effetti: il primo è una crescita in termini di responsabilità e la seconda un miglioramento di efficienza. Ovviamente eacludo le "cape di chiovo" (teste di chiodo) che anche se le martelli 100 anni non sono capaci di cambiare.

La responsabilità aumenta per un discorso di ambizione e anche perché si riconoscono determinate capacità e ci si focalizza su di esse dando un vantaggio sia al datore di lavoro,  chiunque esso sia, e all'individuo, mediamente stimolato da cose nuove.

La possibilità di lavorare più velocemente è invece semplice conseguenza dell'esperienza e dell'acquisizione di competenze specifiche che aumentano la comprensione dei problemi da risolvere.

Il risultato di questo, in una società avanzata e in progresso, è uno sviluppo in cui costantemente, con creatività e con nuovi mezzi, ci si spinge quel passettino più avanti.

Non tutti saranno geni, ma per far funzionare le cose, è "la somma che fa il totale".

E ora ecco I dolori. Se per una qualsiasi ragione la tua vita lavorativa viene costellata di inspiegabili e inspiegate delusioni che non riconoscono quel progresso che hai fatto, il meccanismo si inceppa. Se il fatto di avere un lavoro retribuito (o anche non retribuito) diviene un privilegio, diventando quindi esso stesso la tua ricompensa, la natura umana è quella di appoggiarsi allo schienale della propria sedia e non andare alcun passo oltre quello necessario. Il progresso, visto come una inarrivabile chimera, non ha ragione di essere inseguito. L'esperienza diventa un bagaglio utile a fare prima il dovere, ma senza piacere. Insomma un pantano di sabbie mobili che risucchia senza pietà tutti e tutto.

È così che un paese produttivo muore. È questo che accade all'Italia?

Note per Viaggiatori Occasionali...

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Capotreno e Viaggiatori