Eccolo qui. Seduto di fianco a me non ha smesso di parlare per un singolo minuto continuativo. Mente brillante forse, visto che attenta a tutti i minimi dettagli del mondo intorno, li registra e li commenta e cerca forse anche di trovare una forma di pace.
Ma più probabilmente devo dire un cafone che sarebbe capace di frantumare anche i cuscinetti a sfera di una gru. Se fosse solo la loquela interminabile, si potrebbe anche sopravvivere dignitosamente. Ma anche nell'interazione con gli altri, emerge una focosa e rabbiosa insoddisfazione volgare. Appena scopre di non poter pagare con la moneta che preferisce, inizia a sgranare un pericoloso rosario di bestemmie inatteso, folkloristici, ma gradevole come l'odore della fogna di Calcutta.
È un tipico italiano di oltre confine. Fa il paio con l'altro furbetto che in maglietta slabbrata I love Ibiza, catene d'oro, legno, lacci multicolori, pantaloni altezza natiche e lampada d'ordinanza, ha superato mezza fila. Sentirli parlare in francese e in tedesco è quasi ammirevole. Ma poi se improvvisamente passano all'italiano, ecco emergere il dialetto, quello penoso e greve. Il loro linguaggio toglie tutta la poesia a una lingua che miracolosamente può divertire e commuovere con le sue espressioni colorite, ma anche tanto efficaci. Restano pochi e distanti echi di quella meraviglia sonora. E la furbizia e la durezza di un cerebro diseducato al buon comportamento, ma non di certo stupido, tutta emerge in questo panorama cacofonico.
Constatazioni di evidenze le mie. Rispetto per la vita più o meno difficile di ognuno. Ma non è semplice non aver imparato quello che vedo in loro. È una durezza d'animo e di cuore. Un triste egoismo e irrispettosa reazione di forza a qualsiasi cosa essi trovino contro il loro operare...
Insomma, che tristezza...
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