Dopo l'evidente affermazione dei social network come nuovo elemento culturale, mi interessa capire i motivi che muovono masse enormi di persone a farne un uso continuo e al limite del maniacale.
In un primo momento mi aveva colpito l'aspetto tecnologico. Facebook come Twitter e gli altri, hanno avuto semaforo verde dall'evoluzione della rete. Ancor di più, gli smartphone, compreso quello da cui scrivo in questo momento, hanno favorito la crescita dei numeri e di conseguenza della presenza online. Ma tutto ciò è superficie. La tecnologia in questo caso è solo stata un veicolo di un'ascesa già segnata.
In effetti alla base di tutto e ridotto all'osso, io penso che le motivazioni dell'affermazione siano da ricondursi ai fattori esibizionismo e pettegolezzo. Il primo è il virus irrimediabile ereditato dai media del ventesimo secolo e dalla natura umana che tende a evolversi secondo modelli che passano per vincenti. Vogliamo che gli altri ci vedano, che sappiano che ci siamo, a confermare che il nostro effimero passaggio sulle lande lussureggianti o desolate del globo azzurro, è avvenuto davvero. Non c'è nulla di male, non c'è un giudizio morale in questo. È la realtà che si afferma con la produzione di informazioni assolutamente non necessarie, ma fondamentalmente comuni. Esse ci rendono un network di ipocondriaci, o di raffreddati cronici, o di innamorati speranzosi. Ci rendono un'umanità caduta nella stessa rete e strizzata in una vicinanza a volte asfissiante, ma di fatto calda e confortante.
E poi la curiosità e il pettegolezzo. Vanno insieme e non sono scindibili. Ci piace saperle quelle cose inutili di cui sopra. Farne a meno sarebbe mutilare il nostro spirito. Andare a rovistare nel vissuto degli altri, nella biancheria pulita e sporca di vicini e lontani, è un mestiere molto antico. Se le cose si semplificano nel modello della rete sociale, perché non farlo? Se gli altri non sono così avveduti dal filtrare la propria privacy, cosa ci proibisce di gettare un occhio in profondità recondite per sapere tutto e di più?
È indubitabile che andiamo nella direzione di un overload di informazioni da processare. Il nostro cervello sta perdendo alcune funzionalità e ne sta acquisendo altre. Studi dicono che con l'utilizzo massiccio della rete, riusciamo a concentrarci su un argomento molto raramente e per pochissimo tempo. D'altronde, sembriamo sapere molte più cose e avere accesso a archivi illimitati. Questo potrebbe stimolare processi evolutivi e scenari imprevedibili. E tutto poi perché siamo esibizionisti impiccioni...
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