Capostipite dei film sulla clonazione (allora detta replicazione) nella mia esperienza, è stato Blade Runner. Stasera mi sono imbattuto in un film di ambientazione per nulla fantascientifica, in cui i cloni non sono altro che contenitori di organi che salveranno altri...
Non è il messaggio morale, peraltro attuale in questi tempi, a interessarmi in questo momento. Non mi è facile, da mezzo scienziato, esprimere un'opinione sullo sviluppo della tecnica e sulle sue conseguenze. Me ne astengo, semplicemente perchè molti prima di me hanno avuto opinioni illuminanti in materia e non posso accostarmi a loro se non scimmiottando considerazioni che risulterebbero banali.
Quello che vorrei provare con questo post a raccontare, è l'infinita tristezza e innaturalità della nostra visione dei cloni. A parte nel già menzionato film di Kubrik (ma libro di Dick), in quest'ultimo "Non Lasciarmi" e in altri come "Guerre Stellari: la guerra dei cloni", questi individui, risultano dei mansueti esseri incapaci di reagire al loro destino programmato. A guardar bene, anche i replicanti ribelli del futuro sono una minoranza che probabilmente non ha passato un rigoroso controllo di qualità.
Ma potrebbe mai accadere che cloni di esseri umani sopportassero di conoscere la loro data di termine? Potrebbero dall'altro lato esserci persone capaci di usarli come oggetti senza riconoscere in esse se stessi? A parte quei pazzi criminali che fanno del commercio di organi (il piu' spregevole e vile atto che ci sia) un business, come potrebbe mai qualcuno pensare di sottrarre la speranza che proviene dal non sapere cosa accadrà nei prossimi 10 centesimi di secondo della nostra vita?
Da entrambi i lati gli interrogativi sono cosi' feroci da non lasciare sul campo una risposta praticabile e accettabile. Credo tuttavia che quello che piu' mi si contorce dentro è quel dubbio ridotto in burla da Marzullo, se possiamo distinguere la nostra vita e darle un valore superiore, rispetto da un lato all'ipotesi di sognare sempre e per sempre, e dall'altro a quella degli altri esseri, umani e animali, che popolano il globo.
Nella nostra estrema superbia crediamo di essere LA specie e se ci clonassimo, crederemmo di aver creato un nostro sottoprodotto da commercializzare. Sarebbe probabilmente triste e insopportabile, accorgersi che le nostre creazioni ci sarebbero profondamente simili. Mostruosamente uguali e specularmente difettate.
Sarebbe ancor piu' terribile comprendere che il nostro ciclo di vita, il nostro cerchio che parte da una inconsapevolezza per giungere alla successiva, non è diverso da quelle poetiche ma dolorosissime "lacrime nella pioggia"...
E quando anche le mie "Navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione" scompariranno, credo che mi piacerà l'idea di essere stato, ancorchè banale e transitorio, una singolarità in questo universo...
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