Sono entrato da un po' nel mio quarto anno di lavoro in Svizzera. I bilanci positivi si sono sprecati in questo passato prossimo eppure già remoto, e non c'è assolutamente da rimpiangere niente della scelta fatta. E' stata ed è ancora profondamente impegnativa, ma è anche stata ed è, fonte di soddisfazione e di fiducia per il presente e il futuro.
Tuttavia la storia ha un susseguirsi ciclico, in cui le cose si ripetono ossessivamente in un ritornello ritmato. E il lavoro è anch'esso un procedere in avanti e a ritroso su un cerchio ben disegnato. C'è il primo periodo in cui tutto è nuovo, tutto sembra bello e possibile. La libertà e il futuro aleggiano indistinti pieni di ipotetiche e fruttuose opportunità. E' l'amore, nella sua fase di conoscenza. Quello in cui si fa tutto insieme e si farebbe tutto per l'altro. Siccome il lavoro è in realtà un contratto come il matrimonio, è facile che si finisca in luna di miele. Tutto è sorprendente, e man mano che si prende fiducia in se stessi, arrivano delle soddisfazioni e il gusto di sentirsi apprezzati. Dura un pezzetto, ma poi la curva dell'emozione discende più o meno lentamente nella routine. E qui ecco che si iniziano a guardare le altre donne, a sognare nuovi corteggiamenti, a rendersi più disponibili a nuove esperienze. Ovviamente non si butta via il tempo trascorso, ma non si riesce neanche a sottomettersi all'ineluttabile progredire nel tempo di un sentimento di indifferenza e di minestra riscaldata.
Insomma si devono fare delle nuove scelte. Il ciclo si compie con il prossimo salto dove il percorso potrà essere più o meno lungo, ma sostanzialmente simile.
Che triste generazione la nostra, incapace di trovare una pace del cuore che la metta al riparo dai salti a piè pari nelle direzioni più impensate. Tutti quelli che conosco sono in qualche forma inquieti, alla ricerca del loro prossimo ciclo con una frequenza sempre superiore. Non è dato sapere se questo ci gratifichi. Di certo ci dà quella dose di adrenalina di cui non possiamo più fare a meno. Aborrendo le droghe sintetiche, non possiamo fai altro che auto-impasticcarci naturalmente con percorsi sempre più artificiali e sempre più arcuati.
E se i cicli lavorativi non coincidessero con i cicli della nostra vita, che potremmo fare? Dovremmo forse accettare questo strano parallelismo, alla ricerca del binario giusto da cui riprendere il nostro viaggio...
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