domenica 30 gennaio 2011

Scrivere per un'ora...


Le ultime due settimane sono state indimenticabili. Fortunatamente questo non sarà vero del tutto. Mi ricorderò di loro per un pò, fino a quando il tempo non riuscirà a stendere il famoso velo pietoso. Spero anche io di permettere a quel sudario di scendere e alleggerire il peso che sento.
Se guardo indietro, mi sembra impossibile pensare a tutto quello che ho visto, detto, fatto e pensato. Ero in Brasile e poi a Roma, poi non certo in salute smagliante, eccomi in Svizzera. Una domenica piena di... Mah, non so a posteriori dire di che. C'era speranza, sogno, sentimento e attesa. C'era anche un pò di ansia. Ma era un'ansia positiva. Essersi illusi è una cosa dolorosa. Certo averne dei motivi potrebbe essere una attenuante, ma alla fine la conclusione è stata amara... All'alba del giorno dopo mi sembrava che il sole non fosse sorto. Alla sera, mi sembrava che non sarebbe sorto mai più.
Poi, come promesso in un altro post, ho iniziato a rimettermi in piedi. Non era facile. Mi sono forzato a camminare, ma mi pesava. Poi un attimo di fiato, ed ecco che tutto ha preso una strada ancor più difficile.
Confrontarsi con la malattia, quella dei propri cari, è un evento che mi era capitato poche volte. E' una fortuna non imbattersi nel dolore. D'altronde è inevitabile che prima o poi invece accada. E quindi reagire, regolarsi, affrontare. In una parola si tratta di guardarsi allo specchio e cercare di distinguere non quello che si può fare, ma quello che non si può fare...
Conoscere i propri limiti è più importante di conoscere il potenziale. La presunzione di invincibilità è l'origine di cadute rovinose...
Insomma dolore e difficoltà. Una tensione che si estende a macchia d'olio, da cercare di contenere, capire e accettare senza un rifiuto violento, ma con una buona respirazione. Stasera che scrivo per un'ora, alla ricerca di una pace che sembra impossibile eppure un giorno ritornerà, vorrei poter volare via senza paura dalla città dei miei Natali e delle mie scelte. Eppure non sarà così. Andrò via con ansia e avvolto da un silenzio pieno di interrogativi.
E andrò verso alcune nuove domande che aspettano una risposta. Potrei lasciar andare quelle, ma sarebbe una cosa da rimpiangere. Invece devo scrivere delle nuove parole e delle nuove pagine del mio libro personale. Ho l'impressione che per un bel pezzetto non saranno pagine esaltanti, ma allo stesso tempo, nel mio aver preso tanti colpi da aver perso ogni pezzo di armatura, mi espongo ai prossimi cercando di evitarli solo con agilità e non buttandomi contro le lame.
Quello che ho imparato in questi giorni lo potrò capire solo quando tutto riassumerà dei contorni noti e tranquilli. Nel vedere adesso la tela del mio quadro lacerata, devo capire se restaurare, o semplicemente ricominciare su di un nuovo soggetto. E' stato bello navigare per mesi in acque tranquille, ma nello sconquasso di una tempesta furibonda dove lampi e pioggia si sono intrecciati rumorosamente, la nave è danneggiata, e non so neanche io quanto gravemente.
Se devo giudicare dai miei sogni di queste notti, ho l'impressione che non mi rimetterò tanto presto. Sono malato dentro. Ed è un male triste, uno di quelli che non hanno antidolorifici. Tuttavia dovrò alla fine vincere questo male come altre volte. Dovrò anche riguadagnare la fiducia da poter dare a qualcun altro. Dovrò... Chissà. Dovrò fare qualcosa per capire quale strada prendere. Per ora ho lasciato l'acceleratore e continuo lungo un'arteria illuminata tetramente in cui non riconosco angoli che mi interessino sfruttando l'aerodinamica di un'auto abituata alla velocità. Ma quando questo si esaurirà e dovrò essere di nuovo io a scegliere una curva e anche a dare gas, ci vorrà benzina e ci vorrà un'idea... E quella, in un'ora di lettere e di uno sfogo complicato, non l'ho trovata...

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